Ipertensione di difficile controllo: baxdrostat la riduce in modo significativo nelle 24 ore

Lo studio, condotto su pazienti con ipertensione arteriosa resistente al trattamento (rHTN), ha previsto la somministrazione di baxdrostat 2 mg o placebo in aggiunta alla terapia standard. L’efficacia del farmaco è stata osservata nell’intero arco delle 24 ore, comprese le prime ore del mattino, fase in cui i pazienti ipertesi presentano un rischio più elevato di eventi cardiovascolari.

I risultati completi dello studio Bax24 sono stati presentati nella late breaking session “Emerging Opportunities for Managing Cardiometabolic Syndrome” al Congresso dell’American Heart Association (AHA) 2025 (7-10 novembre) e saranno condivisi con le autorità regolatorie a livello globale.

Le evidenze
Baxdrostat ha raggiunto l’endpoint primario dello studio, garantendo una riduzione significativa e duratura della pressione arteriosa nei pazienti con ipertensione arteriosa resistente al trattamento. A 12 settimane, la riduzione, normalizzata per placebo, della pressione arteriosa sistolica media monitorata nelle 24 ore è stata di 14.0 mmHg (intervallo di confidenza [IC] al 95% -17.2, -10.8;p<0.0001).

Baxdrostat – risultato generalmente ben tollerato, con un profilo di sicurezza coerente con quello dello studio BaxHTN – ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante della pressione arteriosa anche negli endpoint secondari chiave, incluso il monitoraggio dinamico della pressione arteriosa sistolica media nelle ore notturne (13.9 mmHg normalizzato per placebo [95% CI –17.5, -10.3; p<0.0001]) e in posizione seduta (10.3 mmHg normalizzata per placebo [95% CI –14.9, -5.6; p<0.0001]) coerente con i risultati dello studio BaxHTN.

Un numero significativamente maggiore di pazienti trattati con baxdrostat (71%) ha raggiunto una pressione arteriosa sistolica media monitorata nelle 24 ore inferiore a 130 mmHg rispetto ai pazienti trattati con placebo (17%) (Odds ratio (15.2 [95% CI 6.6, 35.2; p<0.0001]).

I commenti
“L’ipertensione arteriosa resistente al trattamento è una condizione che ha forte impatto sulla vita quotidiana dei pazienti che, nonostante l’assunzione di tre o più farmaci antipertensivi, spesso non riescono a raggiungere un adeguato controllo pressorio, aumentando significativamente il rischio di insorgenza di eventi cardiovascolari e renali – commenta Gianfranco Parati, Professore Onorario di Medicina Cardiovascolare, Università degli studi Milano-Bicocca, Direttore Scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano IRCCS Milano e Presidente della World Hypertension League – In questo contesto, i risultati dello studio di fase III Bax24 sono estremamente importanti, dimostrando come baxdrostat 2 mg riduca in maniera significativa la pressione arteriosa sistolica monitorata nelle 24 ore di 14,0 mmHG, rispetto al placebo, nei pazienti con ipertensione arteriosa resistente, con un’efficacia mantenuta sia nelle ore diurne che nelle ore notturne, dato di significativo impatto clinico. Questi risultati mostrano il potenziale clinico di baxdrostat di colmare un importante bisogno terapeutico non soddisfatto, consentendo potenzialmente a un numero sempre maggiore di pazienti di ottenere un controllo pressorio sostenuto nel tempo, con un impatto positivo sulla riduzione del rischio cardiovascolare e renale”.

“I dati dello studio di Fase III Bax24 dimostrano che nei pazienti con ipertensione arteriosa di difficile controllo, il trattamento con baxdrostat riduce la pressione arteriosa sistolica nel corso delle 24 ore, un risultato di grande impatto clinico e che potrebbe potenzialmente trasformare la pratica clinica – sottolinea Bryan Williams, Chair of Medicine presso University College London, Principal Investigator dello Studio – Una riduzione di tale portata, correlata al fatto che poco più del 70% dei pazienti trattati con baxdrostat ha raggiunto i target pressori raccomandati dalle linee guida in modo duraturo lungo l’intero arco delle 24 ore, rappresenta un risultato veramente significativo”.
“I dati dello Studio Bax24 dimostrano l’impatto significativo che la lunga emivita di baxdrostat e la sua inibizione altamente selettiva dell’aldosterone sintasi possono avere nel migliorare la pressione arteriosa sistolica nelle 24 ore e nelle ore notturne per i pazienti con ipertensione resistente, particolarmente esposti all’occorrenza di eventi cardiovascolari, inclusi infarto e ictus – conclude Sharon Barr, Executive Vice President, BioPharmaceuticals R&D, AstraZeneca – Questi dati e i risultati dello Studio BaxHTN, evidenziano il potenziale di baxdrostat nel ridefinire le possibilità terapeutiche per i milioni di pazienti la cui ipertensione rimane non controllata nonostante le terapie attualmente disponibili.”

Epidemiologia dell’ipertensione
Nel mondo 1,4 miliardi di persone convivono con l’ipertensione. In Italia questa patologia incide sul 30% della popolazione. Il controllo costante della pressione arteriosa nelle 24 ore rappresenta un importante outcome clinico nei pazienti con ipertensione di difficile controllo. Numerosi studi hanno dimostrato che la pressione arteriosa misurata nelle 24 ore rappresenta un indicatore predittivo più affidabile di eventi cardiovascolari rispetto alla misurazione effettuata in ambulatorio. Un aumento di 9,5 mmHg della pressione arteriosa sistolica media nelle 24 ore è associato a un incremento del 30% del rischio di mortalità per tutte le cause.

Il meccanismo di azione di baxdrostat
Baxdrostat è progettato per ridurre la pressione arteriosa inibendo la produzione dell’aldosterone, uno degli ormoni responsabili dell’elevata pressione arteriosa e dell’aumento del rischio cardiovascolare e renale. Gli studi di Fase I hanno mostrato come baxdrostat raggiunga concentrazioni massime nel sangue entro 2–4 ore dalla somministrazione, con un’emivita compresa tra 26 e 30 ore.

Il candidato farmaco è attualmente oggetto di studio, in monoterapia in aggiunta alla standard of care per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dell’aldosteronismo primario, nonché in combinazione con dapagliflozin per la malattia renale cronica e per la prevenzione dello scompenso cardiaco in pazienti ad alto rischio.

 

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